Dopo un weekend sottotono, grigio e ovattato, inevitabile fare un punto della situazione. Ci attende ancora una settimana nella speranza sia l’ultima e dobbiamo affidarci ai nuovi ritmi e riti che siamo riusciti a creare nella consapevolezza che non siamo soli.
Ed è su questo che mi vorrei concentrare.
Ogni giorno ricevo manifestazioni di solidarietà e vicinanza, anche e soprattutto da persone
che per vari motivi ho poco modo di frequentare. C’è chi mi manda meme stupidi quotidiani per assicurarsi che io sorrida durante la giornata, chi messaggi vocali così che l’accento riconoscibile tra mille mi scaldi un po’ di più il cuore, chi condivide sfoghi perché, diciamocelo, qualche vaffa… è pure terapeutico. Poi ci sono gli amici di sempre con i quali la chat si è trasformata in un blog culinario (abbiamo pure proposto una cakechallenge per l’occasione) e le amiche del cuore che sanno che non tutti i tuoi “sto bene” sono sinceri e ti permettono di lasciarti andare.
Tra tanti però c’è anche chi non ce la fa e dissemina panico con chiunque ed ovunque come una macchina spargisale prima di una nevicata; chi pur non vivendo nella “zona rossa” si comporta come – o peggio – di coloro che stanno all’interno cadendo in vittimismi e paragoni inaccettabili; chi, infine, decide di chiudere fisicamente e metaforicamente porte e finestre in attesa, forse, di tempi migliori.
Tanto mi commuovono i primi quanto mi fanno arrabbiare i secondi, soprattutto le ultime due
categorie. I nervi sono scoperti e a lungo devo contare prima di poter rispondere in modo pacato così evitando di evidenziare che non sono loro a vedere e sentire le ambulanze, con il personale bardato di tuta anticontagio, sfrecciare a sirene spiegate sotto casa tutto il santo giorno; a ricevere avvisi quotidiani di conoscenti o parenti di amici risultati positivi e magari ricoverati; a non poter dare o ricevere un semplice abbraccio; a vedere i genitori dalla finestra e usare la portineria come luogo di scambio (e già questo è un privilegio perché non tutti ce lo possiamo permettere).
Ma poi l’arrabbiatura passa e mi rendo conto che, ancora una volta, io sono tra quelli che ce la
fanno. Testa, cuore e gambe sono presenti e saldi (quantomeno per la maggior parte del tempo) e questa brutta avventura sarà un’altra tacca sulla cintura delle battaglie vinte. Avrò semplicemente le spalle grandi un altro po’…
ALESSANDRA FERRARI