Voglio partire da oggi, da stamattina, dai ricordi e dalle sensazioni più vivide.
Poi più in avanti descriverò quello che ho osservato fuori e dentro di me da quel Venerdì 21 febbraio.
Stamattina, come ogni giorno sono uscito a fare due passi. In casa da solo, si rischia di impazzire, si è ancora più isolati. Lo fai per far muovere la circolazione per irrorare gli organi interni e il cervello. Lo fai per respirare un pò.
Lo fai per cercare, almeno io, un saluto di qualcuno, anche sconosciuto, ma un saluto per sentirti vivo. Stamani però era diverso dagli altri giorni. In giro non c’era nessuno. Sembrava un classico Lunedì di Codogno, quando tutto è chiuso. Era strano. Le farmacie non avevano gente in fila, quanto meno le panetterie e gli edicolanti. Ero da solo, assieme a qualcun altro disperato come me. L’unica cosa che ci accompagnava per strada, era la rassegnazione, una sensazione sgradevole e pesante. Poi ritornando a casa è accaduto qualcosa di bello. Un qualcosa che qui a Codogno è inusuale, ma per me che sono Napoletano, mi ha risvegliato i ricordi di infanzia.
Una signora, in Via Roma, ha aperto la finestra per affacciarsi. L’ho vista, i nostri sguardi si sono incrociati, non ci conoscevamo, ma ci siamo salutati. Come due compagni di sventura, che hanno bisogno di un gesto di calore umano, sentirsi delle persone e non degli appestati da stare in casa. Abbiamo fatto due chiacchiere, quelle di circostanza, ma che hanno fatto bene ad entrambi. Fortuna che è accaduto questo. Altrimenti il ritorno a casa sarebbe stato più pesante, come camminare nel fango anziché sull’asfalto. Ma grazie che c’eravamo noi. Anche se in realtà io vivo con una paura riguardante il prossimo futuro. Ho paura che tutta questa solidarietà tra noi si trasformi in uno scontro tra noi. Troppa la rabbia che cova nelle persone, che se non permessa di stemperare, può generare danni. Non oso immaginare poi al di fuori della zona rossa quando ci lasceranno, chissà quando, uscire.
Occorre prevenire, educare il mondo che noi non siamo la colpa, siamo coinvolti come tutti ma non ne siamo responsabili. Occorre iniziare a vaccinare gli altri ad accoglierci in futuro. Iniziamo da questo, da quello che possiamo fare. Prepariamoci per il futuro, non facciamoci travolgere e trovarci impreparati. Forse ho esagerato, ma credo che bisogna parlare, far uscire ciò che abbiamo dentro per non implodere. Non illuderci. Pensare al peggio per augurarci il meglio.
Giuseppe Varriale